lunedì 17 dicembre 2012

Ormai ci siamo...il 21 dicembre 2012 è alle porte

Effetti della profezia Maya sulla natura...
La fatidica data del 21 dicembre è quasi arrivata, oramai mancano solo poche ore, e tutto sarà compiuto. Per anni l'umanità si è interrogata su quanto avverrà in questo istante eterno e finalmente, e soprattutto razionalmente, oggi è stato possibile conoscere esattamente tutto quello che si verificherà. Dopo attente riflessioni, considerando anche quanto riportato dalle sacre scritture degli oramai celebri Maya, gli scienziati di tutto il mondo sono giunti ad una conclusione comunemente condivisa con tutta la comunità scientifica planetaria. La tecnologia oggi in mano all'umanità ha permesso un'osservazione ancora più attenta, che ha potuto confermare finalmente quanto finora solo sommariamente osservato ed abbondantemente teorizzato. Questo Blog si occupa (nel titolo) del 21 dicembre 2012 (...gli cambierò nome appena dopo l'apocalisse, tanto ci sarà qualche altra sinistra premonizione in giro...) e per questo è mio compito condividere quanto scoperto sul 21 dicembre 2012. Gli scienziati sono concordi sul fatto che il Sole raggiungerà, nel suo moto apparente lungo l'eclittica, il punto di declinazione minima. Tale fenomeno sarà dovuto all'inclinazione dell'asse di rotazione terrestre rispetto all'eclittica. Il valore di declinazione andrà a coincidere con l'angolo di inclinazione terrestre!! 

In pratica il 21 dicembre 2012 entrerà l'Inverno...


giovedì 29 novembre 2012

Il paese degli incapaci



foto tratta dal sito www.geniuste.com
Due considerazioni sull’articolo del Corriere che ho allegato.
Dino era una risorsa fantastica, meravigliosamente preziosa proprio ora che l’Italia versa in condizioni economiche e sociali disperate. Dino è andato via e all’estero si sono accorti subito del suo valore. In Italia no. In questo strano paese dobbiamo rialzarci e tornare a crescere, dobbiamo affermare di nuovo la nostra fantasia, creatività, intelligenza, dobbiamo far risorgere la nostra italianità, come valore aggiunto su tutte le cose ma ahimè fino a quando nelle nostre università, nei posti di comando delle grandi aziende, nei ruoli di responsabilità delle istituzioni avremo sempre degli imbecilli, dei faccendieri, dei portaborse, dei cugini, nipoti, fratelli e cognati di onorevoli, raccomandati al quadrato, al cubo, all’infinito, quelli come Dino andranno sempre via e non usciremo mai dal Medioevo 2.0, per rifondare un nuovo rinascimento.
Dino era stato bocciato al concorso dell’università di Pisa anni fa. Porte chiuse per uno come lui, porte aperte invece per chi vantava un decimo del suo valore. In un paese civile che ha voglia di rinascere sarebbe necessario conoscere i nomi degli emeriti professori che hanno esaminato Dino, i nomi di quelli che lo hanno preceduto in graduatoria, che lo hanno battuto. Oggi avremmo avuto in Italia un’azienda che gestisce i software delle più grandi multinazionali, mettendole tutte in fila dietro la nostra preparazione e professionalità. Invece questa azienda è nata all’estero, nel Regno Unito e noi siamo rimasti fuori. Vergogna per tutti quelli che impediscono alle nostre migliori risorse di affermarsi in Italia, costringendole all’espatrio. Vergogna per tutti quelli che chiedono raccomandazioni o che le offrono, impedendo l’affermarsi della pura professionalità, a vantaggio della superficialità e dell’impreparazione. Vergogna alle caste, alle lobbie, vergogna a tutti quelli che si nascondono dietro posti chiave ed impediscono il fiorire di talenti ora più necessari che mai.
Perché non fare una legge che punisca con il carcere duro ed un ammenda pesantissima chi raccomanda o si fa raccomandare? Chi raccomanda determina in fondo un danno economico, morale, sociale ed umano difficilmente quantificabile, ma i cui effetti purtroppo sono davanti agli occhi di tutti. E’ necessario a mio avviso mettere da parte l’ipocrisia ed il perbenismo e punire pesantemente chi si avvale di questa schifosa scorciatoia per garantirsi soldi e privilegi. Avanti i più validi, fuori gli incapaci.

giovedì 18 ottobre 2012

La realtà é la fine del mondo...

Ho fatto una riflessione che ben si coniuga con il tema della fine del mondo. La realtà è una finzione ben orchestrata e ben presentata, e ci appare in tutte le sue sfumature e peculiarità, in maniera nitida e meravigliosamente complessa, per sembrarci appunto reale, vera. Ma la nostra realtà è davvero reale?. Avete mai provato a domandarvelo veramente, in profondità, nell’intimità più recondita della vostra anima? Cos’è davvero reale nella nostra vita? Un lavoro ben fatto, appagante, una carriera impeccabile, anni e anni di onorato servizio, e poi sei soltanto un numero, un altro carrozzone ma mandare via. Questo è reale? Hai cercato sempre di vivere i tuoi giorni all’insegna della salute e dello star bene, hai curato alimentazione e stili di vita, ed oggi hai un cancro. Questo è reale? Hai cresciuto i tuoi figli, con fatica e dedizione, da quando piangevano e potevi tenerli in una mano, hai sempre cercato di parlare con loro, di creare un filo diretto, un legame indissolubile, eterno, ed oggi, se devi comunicare con loro e vuoi avere qualche speranza di ottenere risposta devi farlo attraverso Facebook. Questo è reale? Hai dedicato una vita intera, la tua vita, alla persona che hai sposato, l’hai amata, rispettata, coccolata, protetta, riscaldata, hai dato tutto ed oggi scopri che questa persona in fondo non è mai esistita, ti volta le spalle, inspiegabilmente, con naturalezza ed una disarmante banalità, anche questo è reale?  Viviamo tutti per queste cose, per il lavoro, per il benessere, per i figli, per l’amore, e la famiglia. Ci crediamo e costruiamo con fatica intorno a noi un fortino fatto di pezzi di mondo, esattamente come li vogliamo noi, e ci riusciamo talmente bene da credere che tutto quello che ci circondi è esattamente così come lo vediamo. Non riusciamo ad accorgerci però che quello che ci appare è in realtà profondamente diverso, profondamente lontano dalla sua versione di cruda verità. L’amore si dissolve, i legami familiari si indeboliscono e a volte scompaiono, il lavoro è un’illusione, la salute un inganno. La vita reale è molto più severa ed ingrata, a volte spietata, cruda, violenta. La realtà è un nemico che con la giusta dose d’arte e sadismo ama raccontarci le cose come stanno, e che ci piaccia o no, dobbiamo tutti, senza l’esclusione di nessuno, essere capaci di accettarla. E proprio quando non siamo in grado di accettare la realtà questa ci schiaccia e diventa per noi una vera fine del mondo.

martedì 21 agosto 2012

Perchè la fine arriverà...

Perché arriverà anche per noi la fine del mondo? La spiegazione è davanti ai nostri occhi, e cercherò brevemente di riassumerne la risposta.

La nostra società è malata. Il nuovo soggetto sociale riconduce a sintesi il superamento di ogni ostacolo e resistenza, nel primario interesse della popolazione, evidenziando ed esplicitando in tempi brevi, anzi brevissimi, una congrua flessibilità delle strutture organizzative. Senza fare inutile retorica è possibile affermare con sicurezza che l’indicazione di base prefigura in modo assoluto il ribaltamento della logica preesistente, legata a concezioni arcaiche della figura sociale, senza precostituzione delle risposte, non dando per scontato a monte e a valle della situazione contingente un indispensabile salto di qualità. Alla luce di quanto esposto appare evidente che l’approccio programmato deve perseguire un organico collegamento interdisciplinare senza pregiudicare il livello delle prestazioni, attivando ed implementando, in un’ottica di fattivo sviluppo, l’annullamento di ogni ghettizzazione. Solo così potremmo parlare della fine del mondo come di una meta organica e funzionale al raggiungimento di qualsivoglia obiettivo sociale. La razionalizzazione delle risposte deve prevedere un funzionamento parallelo delle risorse intellettuali, pena il fallimento complessivo dell’operazione. Dallo scenario descritto emerge in modo semplice e chiaro come il bisogno emergente si caratterizzi per la riconversione ed articolazione periferica dei servizi, in maniera articolata e non totalizzante, non sottacendo ma anzi puntualizzando, con le dovute ed imprescindibili sottolineature, la trasparenza di ogni atto decisionale. Se vogliamo sopravvivere all’evento estremo dovremo necessariamente razionalizzare le risorse disponibili, estrinsecandone i ruoli e le funzioni, guardando oltre il recinto dell’umana tolleranza. La fine del mondo si avvicina e per questo dovremo modificare interamente il criterio metodologico, presupponendone la verifica degli obiettivi istituzionali, secondo un  modulo di interdipendenza orizzontale, e non più verticale come in passato, recuperando ovvero rivalutando, nel rispetto della normativa esistente, l’appianamento delle discrepanze e discrasie esistenti. Il raggiungimento della meta per la società del futuro non potrà mai prescindere dal quadro sin qui descritto, il mondo nel suo complesso sarà espressione diretta dei comportamenti sociali, determinando una sorta di interazione umana programmatica e sistematica. Solo chi avrà chiaro quest’ultimo aspetto potrà concorrere alla creazione di una nuova generazione sociale, in grado di prefissarsi obiettivi raggiungibili e costruttivi. L’utenza potenziale che si affaccerà al mondo dopo il ventuno dicembre del duemiladodici rappresenterà un auspicio per la ricognizione del bisogno emergente, al di là delle contraddizioni e difficoltà iniziali, attualizzando e concretizzando, nella misura in cui ciò risulterà fattibile, la demistificazione del nuovo futuro linguaggio sociale.
Nella speranza che ora il quadro sia più chiaro per tutti vi auguro una meravigliosa fine del mondo.

martedì 17 luglio 2012

Arriva il giorno...

Non l’aspettiamo, non ci pensiamo, siamo troppo presi dalle storture di una quotidianità impossibile, interamente immersi nello stress e nei problemi che questa vita ci impone con violenza inaudita. Non riteniamo che sia possibile,  ma quel giorno arriva, per chiunque, anche se con tempi diversi per ciascuno. Le nostre vite sono fatte ormai di gesti che si ripetono, quando siamo in fila per pagare qualcosa, o infiliamo il badge nella timbrarola (una volta si diceva timbrare il cartellino…chi si ricorda?), quando andiamo a fare la spesa e ci perdiamo dentro immensi centri commerciali con ampi iper-spazi ed una piccola piccola briciola di umanità. Siamo assorti, distratti nel nulla e nel superfluo, ed è proprio allora che quel giorno arriva. Stentiamo a crederci, vogliamo pensare che sia un giorno come tutti gli altri, pensiamo che non sia giunto realmente a cambiare la nostra vita,  ma quel giorno poi arriva davvero e tutto cambia e si accende di colori inaspettati.
Su una spiaggia della Calabria, arsa dal sole e dalla ‘ndrangheta, proprio quando la sabbia è rovente e ti impedisce quasi di sfiorarla per quanto scotta, proprio in quell’istante prezioso ed eterno è arrivato il giorno, e la vita cambia. Un cucciolo spaurito e violentato dall’arsura mi guarda spaventato, si accorge di essere stato visto nel suo sofferto peregrinare, fugge via e si rifugia con decisione sotto una barca capovolta vicino alla strada, all’inizio della spiaggia. Mi avvicino e capovolgo la barca per aiutarlo, per portargli un po’ d’acqua e mi accorgo che non è il solo ad avere paura. Sotto la barca i cuccioli sono due, immobilizzati dal timore, dalla sete e dal caldo. Li porto via, solo per rifocillarli, e per cercare un posto più umano dove restituirli al loro sfortunato destino. Li metto sotto una fontanella d’acqua all’ingresso del villaggio, tremano ancora dalla paura, mi osservano stupiti, bevono ingordi di vita, si riprendono un po’ di quella che gli era scivolata via, sotto le zampe scottate dal sole. Ok, niente emozioni, questo è un giorno qualunque, c’è chi in questo momento salva delle vite umane, io ho solo salvato due cuccioli, due meticci, due cani insomma. E’ un dovere umano prestare loro un primo soccorso, un primo ed ultimo soccorso si intende. Lungi da me l’idea di tenerli. Come farei? Abbiamo a malapena i soldi per pagare le tasse e mettere la benzina, figuriamoci se ne abbiamo per mangimi, ciotole e veterinari. E poi senza considerare i danni che due cani provocherebbero, i problemi, gli abbai, la sporcizia, le pulci, le cacche da rimuovere, le uscite per i bisogni. E’ evidente, questo è un giorno qualunque, di un’estate qualunque, su una spiaggia qualunque. Faccio il mio dovere di persona amante degli animali e poi tutto come prima. Ognuno al suo destino ed alla sua vita.
Non vi racconto come è andata a finire, per capirlo basta guardare gli occhi azzurri di Tobia.






venerdì 29 giugno 2012

Italia - Germania, la sfida eterna

E’ un giovedì di fine giugno, un giorno come tanti altri, la maglietta ti si attacca sulla schiena sudata e ti ricorda che è esplosa l’estate. L’Italia si riscopre ancora un po’ più povera con il passare delle ore, il lavoro manca, la burocrazia impera, la crisi avanza e dilania l’anima di un popolo frastornato ed incredulo. E’ un giovedì qualunque, ma che in fondo ha un qualcosa di speciale. A Bruxelles il nostro Presidente del Consiglio Mario Monti tratta ad oltranza per convincere la Germania ad intraprendere azioni comuni in difesa dell’Unione Monetaria, in Polonia la nostra nazionale di calcio si gioca contro i tedeschi l’accesso alla finale del campionato europeo. L’eterna sfida Italia-Germania si ripete ancora una volta, la sfida delle sfide, la partita delle partite che nella storia ci ha sempre reso più italiani di quanto già non lo fossimo, gonfiandoci il petto di orgoglio e immensa gioia. La tensione è alle stelle, i tedeschi non vedono l’ora di annientarci e punirci, sono più forti, finanziariamente e calcisticamente parlando. In passato hanno sempre subito e pagato a caro prezzo la nostra fantasia, il nostro immenso cuore, senza mai riuscire a superarci. Ma oggi sono certi di avere la possibilità di vendicare quasi mezzo secolo di sconfitte. Nell’aria però c’è voglia di riscatto e di una notte magica, c’è voglia di tirare fuori dall’armadio quella vecchia bandiera, di chiamare un amico per vedere la partita, di mangiare una pizza in centro ed unirsi a festeggiare nelle piazze d’Italia, per dimenticare, anche solo per qualche ora, di essere finiti nel baratro di una crisi economica e di valori, immensa ed infinita. E’ un giovedì qualunque per chi ha smesso definitivamente di sperare e di guardare al futuro, è un giovedì speciale per chi invece mantiene gelosamente acceso dentro di sé il lumicino vitale, la speranza d’un futuro migliore. E allora ci godiamo l’ennesima Italia – Germania, consapevoli che l’impresa è titanica, ma noi italiani non ammettiamo le mezze sfide, o impossibile o niente da fare. Ogni generazione ha la sua Italia – Germania da raccontare, i suoi gol da rivedere, i suoi festeggiamenti da ricordare, chi è italiano nel cuore ha dentro l’anima questa partita, che porta con sé non solo calcio e tifo, ma un qualcosa che è difficile da spiegare e che solo se sai commuoverti davanti ad un tricolore al vento o ad una maglia azzurra allora sai capire. Sento di appartenere ad una generazione con una fortuna immensa, calcisticamente parlando, ho ascoltato centinaia di volte con la stessa emozione i racconti di Italia - Germania 4-3 del 1970, ho vissuto Italia - Germania 3-1 del 1982, ho goduto appieno Italia – Germania 2-0 del 2006 ed ora eccola di nuovo, ineluttabile che ritorna ad illuminare un momento buio e difficile Italia – Germania del 2012. La serata si presenta interessante, la notte addirittura magica, esco dall’ufficio e mi dirigo alla stazione dei treni, obbiettivo: raggiungere Fregene in tempo per vedere la partita insieme agli amici. Tutto tranquillo, la partita comincia alle 20:45, come tutte le partite importanti, ho tutto il tempo di raggiungere la meta che immortalerà ricordi splendidi da raccontare negli anni. Ho tutto il tempo, tutto il tempo, tutto il tempo per capire che non vivo in Germania (per fortuna…) ma in Italia, e allora il treno parte con dieci minuti di ritardo e dopo 30 minuti di viaggio si ferma sotto il sole rovente. Il macchinista scende alzando le braccia, ci dice che ci sono problemi sulla linea e che hanno chiamato gli operai per riparare il guasto. “Ma come operai?” chiedo terrorizzato, “prima di Italia Germania chiamate gli operai? Fate arrivare un elicottero che ci porti a casa!!! Chiamate San Gennaro che faccia ripartire il treno invece di cazzeggiare con il sangue!!! Non arriverà nessuno ve ne rendete conto????” Infatti, il baratro in cui siamo abituati oramai a vivere è più profondo che mai, siamo come dentro una scatola, come animali in gabbia, guardando fuori non sappiamo più renderci conto di cosa sia il mondo e di come funzioni. Il nostro mondo è questo, fatto di cose che non funzionano, di autobus che si rompono, di treni che non ripartono, di volanti della polizia che finiscono la benzina e si fermano per strada. Il nostro mondo è fatto di ladri, truffatori ed imbonitori mediatici, è fatto di politici maledetti che succhiano la linfa vitale di un popolo meraviglioso. Il treno riparte dopo un’altra mezzora, si riferma e riparte, si riferma e riparte ancora. Dopo un viaggio estenuante, senza aria condizionata, sono a pezzi. Ma c’è Italia Germania e non posso arrendermi, sono italiano e in questa serata speciale ho voglia di dimenticare e non vedere, ho voglia solo di calcio e bandiere al vento. La coincidenza per Fregene si è polverizzata, la speranza di un treno per tornare indietro in tempo utile non nasce neanche, la metropolitana intasata e bloccata, come deve essere in queste rare e preziose occasioni. Uso le mie ultime forze per incamminarmi a piedi dalla stazione Termini a Piazza del Popolo, avviso i miei amici e mia moglie che sono rimasto incastrato a Roma e che da solo mi avvio davanti al maxischermo in piazza, per guardare la partita. Arrivato lì lo spettacolo è supremo, il tricolore sventola dovunque, le urla, i colori e l’atmosfera, tutto da fare venire i brividi. Inizia la partita e la mia italianità esplode nelle vene, quando alla fine del primo tempo siamo già sul 2 a 0. Finisce così, con i tedeschi rimandati a casa come sempre dall’Italia, con la storia che si ripete e tutte le piazze in festa, un'altra partita da ricordare e raccontare, un’altra notte magica. Da domani si ricomincia con le preoccupazioni di sempre, con il mutuo e le spese, con il conto corrente che piange, si ricomincia con le tasse, con Equitalia e con la crisi economica, l‘unica consolazione che mi rimane è che dopo l’ennesima vittoria della mia Italia contro la Germania questi tedeschi lo spread possono proprio ficcarselo nel culo.

lunedì 18 giugno 2012

Avevamo due soldi...

Avevamo due soldi, avevamo il sabato sera, avevamo il cinema, la pizza con gli amici, la birra ghiacciata, il biglietto della partita nella tasca della giacca di jeans, l’altro biglietto, quello del concerto di Vasco, stropicciato dentro il portafogli, pieno zeppo di vecchi scontrini di acquisti imprecisati…
Avevamo i regali da fare, quelli da ricevere, le vacanze con gli amici, con la fidanzata, avevamo il giornale sportivo sempre a portata di mano, l’autoradio, quella pesante, sempre sotto il braccio, la terza autoradio perché le prime due ci erano state rubate. Avevamo la cena importante da fare ogni tanto in uno di quei posti dove era bello lasciarsi spennare, faceva tanto lusso, ma una volta ogni tanto ci voleva anche questo. Avevamo la gita al lago, quella al mare, la domenica in montagna a spendere un patrimonio per due discese con gli sci, avevamo una macchina usata, nuova, nuova, da pulire e coccolare, da aggiustare, rivendere e ricomprare. Avevamo i gettoni, quelli di bronzo, da utilizzare per telefonare nelle vecchie cabine della SIP (chi se la ricorda la SIP?), e quando non ne avevamo bastava cercarli nel portaoggetti dei nonni, loro li conservavano sempre inspiegabilmente. Avevamo la discoteca il venerdì sera e il panino con la salciccia, il cono palla e la bomboniera dell’Algida, avevamo una vita talmente piena da perderne i pezzi per strada perché era così straripante, si stava talmente bene che il futuro sembrava grande e ricco da lasciarci di tanto in tanto ad occhi aperti, bocca spalancata e testa tra le nuvole, sognanti…
Oggi abbiamo l’euro, abbiamo internet, l’iPhone, l’iPad, l’iPod, abbiamo quattro televisori e mediamente tre decoder, per vedere tanti canali, troppi canali, abbiamo la chat, la videochiamata, il social network, il blog, abbiamo tessere prepagate, carte di credito, stipendio dignitoso e tante, tante, tante rate da pagare. Siamo infelici, pieni di scadenze, abbiamo paura del supermercato perché la signorina alla cassa spara sempre cifre astronomiche, abbiamo talmente tanti finanziamenti aperti da non capire più nemmeno cosa stiamo pagando….ma paghiamo. Abbiamo finanziato la lavatrice, il televisore a led 3D, il microonde, il frigo, la macchina, la moto, il computer, e perfino l’irrinunciabile vacanza, il benessere e la spensieratezza d’un tempo sono un ricordo lontano, facciamo i conti per arrivare a fine mese, abbiamo paura per un futuro incerto, sempre più lontano, sempre più ignoto. Al posto delle allegre cartoline nella buca delle lettere arrivano le cartelle esattoriali di Equitalia, gli odiatissimi conguagli di gas, luce e acqua, i solleciti delle quote condominiali arretrate. Siamo sempre più soli in questo mondo globalmente connesso, parliamo con tutti ed è come se non parlassimo con nessuno, siamo sepolti dalle informazioni e ci sentiamo più ignoranti che mai, perché la superinformazione equivale ad un’informazione nulla…
Se guardiamo oltre al ventuno dicembre duemiladodici cosa vediamo? Un nuovo inizio, speriamo…

mercoledì 8 febbraio 2012

Segni di una catastrofe in arrivo

Segni di una catastrofe in arrivo. Ieri sera la luna brillava in solitudine nel cielo ghiacciato, circondata da un cerchio di luce perfetto. Probabilmente gli esperti sapranno dare una spiegazione dell’evento, ma a me piace pensare che fosse un segno premonitore dei Maya, un annuncio sinistro dell’imminente catastrofe mondiale. Ieri in alcuni paesi isolati dalle abbondanti nevicate i cervi e i lupi sono scesi nelle strade, infreddoliti ed affamati, scene viste nei film apocalittici targati Hollywood. Siamo nel 2012 e i lupi scendono ancora in paese. Più di 20 anni fa sedicenti esperti prevedevano un'Italia desertificata dalle temperature calde anche in inverno, arsa dal sole e dalla mancanza d’acqua. Oggi invece la neve cade copiosa anche in pianura, anche più volte durante l’anno, creando panico, morte e polemiche. Noi umanoidi, con la presunzione di essere la specie dominante su questo pianeta, di sapere tutto sulla natura e i suoi cicli, stupidamente convinti di poter prevedere e prevenire, ci riscopriamo d’improvviso vulnerabili, deboli, in balia degli eventi naturali, preda del caos e delle sue feroci leggi. E se il 21 dicembre 2012 invece di decretare una fine improvvisa e violenta fosse l’inizio di una nuova era glaciale, saremmo davvero pronti? Il genere umano sotto una coltre nevosa come quella che è scesa in questi giorni, continua e duratura per tutto l’inverno, probabilmente dopo un po’ si estinguerebbe. La produzione di generi alimentari diverrebbe difficoltosa, la frutta diventerebbe merce rara, la verdura alimento ignoto. Diverrebbe difficile allevare animali, i costi sarebbero proibitivi, con scarsi risultati. La lotta per accaparrarsi le risorse energetiche, già aspra oggi, diverrebbe logorante e drammatica, producendo conseguenze inenarrabili. L’energia solare diverrebbe difficilmente sfruttabile, la neve ricoprirebbe i pannelli ed il cielo plumbeo lascerebbe filtrare i raggi del sole con difficoltà. La nostra vita in un’era glaciale sarebbe compromessa. Migreremmo tutti verso l’equatore, noi oggi abitanti dell’emisfero evoluto, grassi, ricchi e viziati, diventeremmo i profughi giunti dal nord, sfuggiti al freddo ed alla fame, saremmo noi i nuovi “immigrati”, in cerca di migliori condizioni di vita. Il mondo diventerebbe un posto davvero diverso. Queste riflessioni, seppure apparentemente frutto di un’esagerazione, assumono la loro importanza e concretezza se si pensa a come qualche giorno di freddo intenso stia mettendo a dura prova un intero paese, rendendolo tutto uguale, tutto finalmente unito, tutto sotto metri di bianca e soffice neve. Che fosse questa la vera fine del mondo?