venerdì 29 giugno 2012

Italia - Germania, la sfida eterna

E’ un giovedì di fine giugno, un giorno come tanti altri, la maglietta ti si attacca sulla schiena sudata e ti ricorda che è esplosa l’estate. L’Italia si riscopre ancora un po’ più povera con il passare delle ore, il lavoro manca, la burocrazia impera, la crisi avanza e dilania l’anima di un popolo frastornato ed incredulo. E’ un giovedì qualunque, ma che in fondo ha un qualcosa di speciale. A Bruxelles il nostro Presidente del Consiglio Mario Monti tratta ad oltranza per convincere la Germania ad intraprendere azioni comuni in difesa dell’Unione Monetaria, in Polonia la nostra nazionale di calcio si gioca contro i tedeschi l’accesso alla finale del campionato europeo. L’eterna sfida Italia-Germania si ripete ancora una volta, la sfida delle sfide, la partita delle partite che nella storia ci ha sempre reso più italiani di quanto già non lo fossimo, gonfiandoci il petto di orgoglio e immensa gioia. La tensione è alle stelle, i tedeschi non vedono l’ora di annientarci e punirci, sono più forti, finanziariamente e calcisticamente parlando. In passato hanno sempre subito e pagato a caro prezzo la nostra fantasia, il nostro immenso cuore, senza mai riuscire a superarci. Ma oggi sono certi di avere la possibilità di vendicare quasi mezzo secolo di sconfitte. Nell’aria però c’è voglia di riscatto e di una notte magica, c’è voglia di tirare fuori dall’armadio quella vecchia bandiera, di chiamare un amico per vedere la partita, di mangiare una pizza in centro ed unirsi a festeggiare nelle piazze d’Italia, per dimenticare, anche solo per qualche ora, di essere finiti nel baratro di una crisi economica e di valori, immensa ed infinita. E’ un giovedì qualunque per chi ha smesso definitivamente di sperare e di guardare al futuro, è un giovedì speciale per chi invece mantiene gelosamente acceso dentro di sé il lumicino vitale, la speranza d’un futuro migliore. E allora ci godiamo l’ennesima Italia – Germania, consapevoli che l’impresa è titanica, ma noi italiani non ammettiamo le mezze sfide, o impossibile o niente da fare. Ogni generazione ha la sua Italia – Germania da raccontare, i suoi gol da rivedere, i suoi festeggiamenti da ricordare, chi è italiano nel cuore ha dentro l’anima questa partita, che porta con sé non solo calcio e tifo, ma un qualcosa che è difficile da spiegare e che solo se sai commuoverti davanti ad un tricolore al vento o ad una maglia azzurra allora sai capire. Sento di appartenere ad una generazione con una fortuna immensa, calcisticamente parlando, ho ascoltato centinaia di volte con la stessa emozione i racconti di Italia - Germania 4-3 del 1970, ho vissuto Italia - Germania 3-1 del 1982, ho goduto appieno Italia – Germania 2-0 del 2006 ed ora eccola di nuovo, ineluttabile che ritorna ad illuminare un momento buio e difficile Italia – Germania del 2012. La serata si presenta interessante, la notte addirittura magica, esco dall’ufficio e mi dirigo alla stazione dei treni, obbiettivo: raggiungere Fregene in tempo per vedere la partita insieme agli amici. Tutto tranquillo, la partita comincia alle 20:45, come tutte le partite importanti, ho tutto il tempo di raggiungere la meta che immortalerà ricordi splendidi da raccontare negli anni. Ho tutto il tempo, tutto il tempo, tutto il tempo per capire che non vivo in Germania (per fortuna…) ma in Italia, e allora il treno parte con dieci minuti di ritardo e dopo 30 minuti di viaggio si ferma sotto il sole rovente. Il macchinista scende alzando le braccia, ci dice che ci sono problemi sulla linea e che hanno chiamato gli operai per riparare il guasto. “Ma come operai?” chiedo terrorizzato, “prima di Italia Germania chiamate gli operai? Fate arrivare un elicottero che ci porti a casa!!! Chiamate San Gennaro che faccia ripartire il treno invece di cazzeggiare con il sangue!!! Non arriverà nessuno ve ne rendete conto????” Infatti, il baratro in cui siamo abituati oramai a vivere è più profondo che mai, siamo come dentro una scatola, come animali in gabbia, guardando fuori non sappiamo più renderci conto di cosa sia il mondo e di come funzioni. Il nostro mondo è questo, fatto di cose che non funzionano, di autobus che si rompono, di treni che non ripartono, di volanti della polizia che finiscono la benzina e si fermano per strada. Il nostro mondo è fatto di ladri, truffatori ed imbonitori mediatici, è fatto di politici maledetti che succhiano la linfa vitale di un popolo meraviglioso. Il treno riparte dopo un’altra mezzora, si riferma e riparte, si riferma e riparte ancora. Dopo un viaggio estenuante, senza aria condizionata, sono a pezzi. Ma c’è Italia Germania e non posso arrendermi, sono italiano e in questa serata speciale ho voglia di dimenticare e non vedere, ho voglia solo di calcio e bandiere al vento. La coincidenza per Fregene si è polverizzata, la speranza di un treno per tornare indietro in tempo utile non nasce neanche, la metropolitana intasata e bloccata, come deve essere in queste rare e preziose occasioni. Uso le mie ultime forze per incamminarmi a piedi dalla stazione Termini a Piazza del Popolo, avviso i miei amici e mia moglie che sono rimasto incastrato a Roma e che da solo mi avvio davanti al maxischermo in piazza, per guardare la partita. Arrivato lì lo spettacolo è supremo, il tricolore sventola dovunque, le urla, i colori e l’atmosfera, tutto da fare venire i brividi. Inizia la partita e la mia italianità esplode nelle vene, quando alla fine del primo tempo siamo già sul 2 a 0. Finisce così, con i tedeschi rimandati a casa come sempre dall’Italia, con la storia che si ripete e tutte le piazze in festa, un'altra partita da ricordare e raccontare, un’altra notte magica. Da domani si ricomincia con le preoccupazioni di sempre, con il mutuo e le spese, con il conto corrente che piange, si ricomincia con le tasse, con Equitalia e con la crisi economica, l‘unica consolazione che mi rimane è che dopo l’ennesima vittoria della mia Italia contro la Germania questi tedeschi lo spread possono proprio ficcarselo nel culo.

lunedì 18 giugno 2012

Avevamo due soldi...

Avevamo due soldi, avevamo il sabato sera, avevamo il cinema, la pizza con gli amici, la birra ghiacciata, il biglietto della partita nella tasca della giacca di jeans, l’altro biglietto, quello del concerto di Vasco, stropicciato dentro il portafogli, pieno zeppo di vecchi scontrini di acquisti imprecisati…
Avevamo i regali da fare, quelli da ricevere, le vacanze con gli amici, con la fidanzata, avevamo il giornale sportivo sempre a portata di mano, l’autoradio, quella pesante, sempre sotto il braccio, la terza autoradio perché le prime due ci erano state rubate. Avevamo la cena importante da fare ogni tanto in uno di quei posti dove era bello lasciarsi spennare, faceva tanto lusso, ma una volta ogni tanto ci voleva anche questo. Avevamo la gita al lago, quella al mare, la domenica in montagna a spendere un patrimonio per due discese con gli sci, avevamo una macchina usata, nuova, nuova, da pulire e coccolare, da aggiustare, rivendere e ricomprare. Avevamo i gettoni, quelli di bronzo, da utilizzare per telefonare nelle vecchie cabine della SIP (chi se la ricorda la SIP?), e quando non ne avevamo bastava cercarli nel portaoggetti dei nonni, loro li conservavano sempre inspiegabilmente. Avevamo la discoteca il venerdì sera e il panino con la salciccia, il cono palla e la bomboniera dell’Algida, avevamo una vita talmente piena da perderne i pezzi per strada perché era così straripante, si stava talmente bene che il futuro sembrava grande e ricco da lasciarci di tanto in tanto ad occhi aperti, bocca spalancata e testa tra le nuvole, sognanti…
Oggi abbiamo l’euro, abbiamo internet, l’iPhone, l’iPad, l’iPod, abbiamo quattro televisori e mediamente tre decoder, per vedere tanti canali, troppi canali, abbiamo la chat, la videochiamata, il social network, il blog, abbiamo tessere prepagate, carte di credito, stipendio dignitoso e tante, tante, tante rate da pagare. Siamo infelici, pieni di scadenze, abbiamo paura del supermercato perché la signorina alla cassa spara sempre cifre astronomiche, abbiamo talmente tanti finanziamenti aperti da non capire più nemmeno cosa stiamo pagando….ma paghiamo. Abbiamo finanziato la lavatrice, il televisore a led 3D, il microonde, il frigo, la macchina, la moto, il computer, e perfino l’irrinunciabile vacanza, il benessere e la spensieratezza d’un tempo sono un ricordo lontano, facciamo i conti per arrivare a fine mese, abbiamo paura per un futuro incerto, sempre più lontano, sempre più ignoto. Al posto delle allegre cartoline nella buca delle lettere arrivano le cartelle esattoriali di Equitalia, gli odiatissimi conguagli di gas, luce e acqua, i solleciti delle quote condominiali arretrate. Siamo sempre più soli in questo mondo globalmente connesso, parliamo con tutti ed è come se non parlassimo con nessuno, siamo sepolti dalle informazioni e ci sentiamo più ignoranti che mai, perché la superinformazione equivale ad un’informazione nulla…
Se guardiamo oltre al ventuno dicembre duemiladodici cosa vediamo? Un nuovo inizio, speriamo…